L’impresa bancaria ha natura dicotomica: la natura privatistica è assoggettata a vincoli (controlli) pubblicistici (che si fondano sull’interesse pubblico di tale attività e sull’ordinamento sezionale in senso tecnico, dotato di proprie norme).
La
“doppia anima” (privata e pubblica) del diritto bancario trova due “norme
manifesto”:
1.
la legge
bancaria del 1936-38: affermava che “La raccolta di risparmio fra il
pubblico sotto ogni forma e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse
pubblico”. Essa è rimasta operante per quasi 50 anni.
2.
l’art. 1 del D.Lgs.
n. 350 del 1985 (attuativo della prima direttiva CEE 77/780) e l’art. 2 del
D.Lgs. n 481 del ’92 (attuativo della Seconda Direttiva n. 646 dell’89)
che affermavano che l’attività bancaria “ha carattere d’impresa,
indipendentemente dalla natura degli enti che la esercitano” e che “La raccolta
di risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono attivitÃ
d’impresa”.
Con
l’entrata in vigore del T.U. del ’93 (D.Lgs. 385) esse sono abrogate e
sostituite dall’art. 10 con: “La
raccolta di risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono
l’attività bancaria. Essa ha carattere di impresa…”.
Si
passa così alla concezione della banca come impresa orientata all’economia di
mercato.
Rifacendosi
al diritto commerciale ed alla disciplina dei contratti, riferimenti validi
sono:
·
il libro 4° del
Codice Civile;
·
il T.U. delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58 del 1998),
con cui si affianca alla normativa bancaria la disciplina dei mercati
finanziari.
SCARICA GRATUITAMENTE LA DISPENSA COMPLETA!
Diritto bancario
Nessun commento:
Posta un commento